Prima o poi doveva succedere. Con “Highway To Hell” gli AC/DC mettono a segno un disco epocale, il primo ad entrare nella top 20 americana; il suo mito si è perpetuato fino ai giorni nostri, tanto che negli States è arrivato a contare 7 dischi di platino. Più importante dei dati di vendita è la qualità artistica, stellare. La voce calda e alcolica di Bon Scott raggiunge qui il suo apice, la batteria di Phil Rudd e il basso di Cliff Williams formano una delle più possenti sezioni ritmiche nella storia del rock, mentre la chitarra solista di Angus Young s’intreccia alla perfezione con quella ritmica del fratello Malcom, sfornando alcuni dei riff più magnetici di sempre in ambito hard rock. I capolavori si sprecano, dagli accordi sporchi e aperti della monumentale title – track all’intro solenne e tragica di “Walk All Over You”, forse il pezzo hard blues più violento di ogni tempo, passando per il boogie a rotta di collo di “Girls Got Rhythm”, l’inno da stadio “Touch Too Much”, la frenesia garage di “Beating Around The Bush” e l’insulto finale costituito dal minaccioso tempo lento di “Night Prowler”. È difficile capire perché gli AC/DC siano così superiori a migliaia di loro colleghi, dal momento che gli ingredienti sono gli stessi, vecchi quanto il rock: forse, molto semplicemente, sanno scrivere canzoni meglio di chiunque altro. I Beatles dell’hard rock.
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