“High Voltage” (del 1975 la versione australiana, del 1976 quella internazionale) era già un gran disco, ma è con il secondo LP che gli AC/DC danno veramente fuoco alle polveri e iniziano a far tremare la vecchia nomenclatura dell’hard rock. La loro ricetta è semplice, verrebbe da dire ‘punk’ nella sua sfrontatezza: via tutti i fronzoli e gli orpelli, nessuna sperimentazione né interminabili assoli, solo il rumore del rhythm & blues, del boogie e del primo rock & roll che deflagra a volume inaudito sotto i colpi di una sezione ritmica a stantuffo, della chitarra solista inesausta di Angus Young e dell’ugola al vetriolo di Bon Scott. Accusati dalla critica di essere primitivi, volgari, rozzi, ignoranti più un altro centinaio di dispregiativi, al contrario gli AC/DC riportano il rock alla sua origine, alzando a manetta la distorsione ma non dimenticando mai di aggiungere il gancio melodico in tutto quel ben di Dio di chiasso ed eccitazione primordiale. Alcuni riff tradiscono derivazioni Free e Rolling Stones, ma nel complesso la loro miscela è davvero qualcosa di mai udito, una musica talmente imbevuta di watt da superare, in puro impatto sonoro, il 99,99% dei gruppi hard rock in circolazione all’epoca. Non saranno mai una band heavy metal, tuttavia influenzeranno questo genere in modo decisivo. In “Dirty Deeds Done Dirt Cheap” c’è il Jerry Lee Lewis sotto anfetamina di “Rocker”, la marcia sconcia della title – track e la filastrocca ancor più sconcia di “Big Balls”, la pugnalata di “Problem Child”, i crescendo di “Ain’t No Fun (Waiting ‘Round To Be A Millionaire)” e di “Squealer”, concluso da un fenomenale assolo di Angus, e infine la stupenda rock ballad “Ride On”, fra i primi loro grandi classici. Nel giro di quattro anni diventeranno uno dei più grandi gruppi rock della storia.
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