Non si tratta di un caso d’omonimia, l’Alan Sorrenti di cui si parla qua è lo stesso che solo un lustro prima componeva uno dei più grandi dischi del progressive italiano, “Aria” (1972). Certo, sentirlo su “Figli delle stelle” fa uno strano effetto: ogni spunto interessante è stato sopito da una ricerca spasmodica dell’hit facile, plasmato sui moduli pop/disco del tempo, senza nessuno sforzo d’originalità. Basta ascoltare la celebre title – track per farsi un’idea dell’intero album. “Figli delle stelle” è comunque un lavoro da segnalare non solo per il suo grande successo commerciale (raggiungerà la prima posizione in classifica), ma anche perché testimonia la sempre più massiccia penetrazione del sound di matrice afroamericana nella musica leggera italiana di fine anni Settanta.
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