Dopo un disco epocale come “Dirt” (1992), per gli Alice In Chains è praticamente impossibile bissare il risultato. Considerando pure che i problemi all’interno della formazione si moltiplicano: circolano insistenti voci di scioglimento e le condizioni esistenziali di Layne Staley, ormai sopraffatto dalla tossicodipendenza, peggiorano giorno dopo giorno. Nonostante tante turbolenze, la band di Seattle stupisce ancora una volta: prima con un EP, “Jar Of Flies” (1994), che illustra meravigliosamente il volto più intimista dei Nostri; infine con questo omonimo full – length, in cui il grunge d’assalto dei primi due LP viene miscelato in modo encomiabile con le nuove sfumature acustiche. L’impatto drammatico di “Dirt” è impossibile da eguagliare, eppure “Alice In Chains” rimane lo stesso un grande album, nonostante un’eccessiva prolissità: “Grind”, “Sludge Factory” e “Head Creeps” suonano potenti e cupe come da programma, la sezione ritmica di “Again” ricorda quella dei vecchi tempi, ma la perla è la semi – ballad “Heaven Beside You“, in cui le due anime del quartetto dimostrano di saper convivere alla perfezione, regalando una delle più grandi canzoni del decennio. Se nel suono gli Alice In Chains sono cambiati, sono invece rimasti immutati umore e testi, in cui depressione e disperazione si danno il cambio. “Alice In Chains” rimarrà l’ultimo album di materiale inedito composto dalla line – up storica della band: infatti, dopo l’unplugged del 1996 il gruppo rimarrà inattivo per anni anche senza essersi ufficialmente sciolto, evento sancito dalla morte di Staley, avvenuta nel 2002 e causata da un’overdose di speedball.
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