Il secondo Alice In Chains è l’enciclopedia del grunge, una pietra miliare di un genere e anche di una generazione. In “Dirt” non c’è un pezzo sbagliato, tutto è intoccabile e sconvolgente come le lyrics di Layne Staley, completamente immerso nella dipendenza da stupefacenti. Dalla stra-aggressiva “Them Bones” al ritornello incredibile di “Rain When I Die”, passando per i deliri di “Sickman” e le armonie di “Junkhead” il sound di Cantrell e compagni prende la propria forma definitiva e inconfondibile. Sono troppi i momenti emotivamente impossibili da sostenere all’interno di questo platter: nel finale la doppietta “Angry Chair” e “Down In A Hole” non può che lasciare scosso anche l’ascoltatore più prevenuto. Nel mezzo, “Rooster” e “Hate To Feel” sono le facce opposte di una medaglia di apparente dolcezza e inquietudine esasperata. Capolavoro assoluto che vendette più di cinque milioni di copie. Poche se rapportate alla qualità contenuta internamente alle tredici tracce del platter.
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