Il 1995 segna l’apice per il movimento gothic – doom metal inglese. Escono capolavori come “The Angel And The Dark River” dei My Dying Bride, “Draconian Times” dei Paradise Lost e, infine, “The Silent Enigma” degli Anathema. Dei tre, quest’ultimo è il più pesante, dal momento che conserva ancora soluzioni death; ma è pure il più sfaccettato, intenso e drammatico. Sin dalla copertina, poche volte così in tema con la musica, si viene trasportati in un paesaggio brumoso, una sorta di eterno autunno dell’anima, che le note del disco accrescono nel suo meraviglioso sconforto. Ognuno dei 9 brani è superbo, e tutti sono accomunati da un incredibile dinamismo interno che permette un continuo trascolorare da momenti di stasi pensosa a improvvise e lancinanti cavalcate metalliche. Così accade che la nebbiosa introduzione di “Restless Oblivion” (forse la vetta massima dell’album) si tramuti in una violentissima piece death/doom esacerbata dal growl teatrale di Vincent Cavanagh (sentitelo anche nella title – track), oppure che “Shroud Of Frost” includa un raggelante stacco recitato. Fondamentali gli arrangiamenti orchestrali e l’uso delle tastiere, che enfatizzano ancor di più l’estetica decadente di “The Silent Enigma” e sono assolute protagoniste nella delicata e agonizzante poesia di “…Alone”, cantata da una voce femminile, e nella cupa traccia strumentale “Black Orchid” (molto Celtic Frost), che conclude il cd nel migliore dei modi possibili. La foto di una nebulosa interstellare inclusa all’interno del libretto ha un preciso significato: suggerisce un senso di sublime pessimismo cosmico, che gli Anathema hanno saputo suscitare come nessun altro in un’opera tuttora sottovalutata, loro insuperato capolavoro.
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