Gli Arcade Fire provengono dalla fertile scena indie rock di Montreal. Sono però fra i pochissimi (gli unici?) in grado di trascenderla e di collocarsi in una dimensione ‘altra’. Perché, nonostante le formule utilizzate dai canadesi siano le stesse di molti altri ensemble simili (eclettismo stilistico, musica intesa come happening collettivo in cui ogni componente si rivela fondamentale, uso di strumenti ‘eterodossi’ come violini, arpa, xilofono), nel debutto “Funeral” tali propensioni vengono portate a un livello di ‘classicità’ rock che è merce rara negli anni Zero. Ecco quindi che le continue oscillazioni tra fragranze folk, ricordi di alternative anni Novanta, reminiscenze wave (ascoltate chitarra e ritmica di “Neighborhood 2 (Laïka)”), sconfinamenti psichedelici e sussulti orchestrali vengono tenute insieme da un respiro quasi impercettibile, eppure fondamentale nel plasmare un sound in grado di piacere sia ai fan duri e puri dell’indie sia a chi ricerca qualcosa che abbia il sapore della ‘tradizione’. “Funeral” è davvero uno degli ultimi classici del rock, inteso in senso lato e nei suoi più nobili aspetti. I successori “Neon Bible” (2007) e “The Suburbs” (2010) manterranno una qualità molto elevata, permettendo agli Arcade Fire di consolidare la loro fama nella pop music contemporanea.
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