Black Flag – Damaged

Il debutto dei devastanti Black Flag di Greg Ginn deflagra grazie all’ugola inconfondibile di Henry Rollins. Schegge impazzite veloci, brevissime e in your face che aggrediscono autorità e conformisti, raccontando come pochi avevano fatto prima di loro quel senso paranoico e nevrotico che si era instaurato nell’underground di Los Angeles nei primissimi anni Ottanta, oltre che far bruciare la rabbia dei punkers che popolavano quella parte di States. Uno dei meriti principali per questo disco simbolo dell’hardcore punk fu l’essere stato prodotto e distribuito in modo completamente indipendente attraverso l’SST Records, una delle label pioniere di quell’attitudine Do It Yourself che cambiò il modo di intendere un certo tipo di musica negli anni a venire. Anche a livello tecnico, “Damaged” è un balzo in avanti rispetto a quello che fino ad allora veniva proposto dalla scena punk: merito soprattutto della chitarra di Ginn, in grado di modulare riff dissonanti e amelodici alla velocità della luce (sentire le due accelerazioni consecutive di “Six Pack” per credere) nonostante la chiara impronta sperimentale degli stessi, donando così ulteriore spessore a composizioni già di altissimo livello come “Thirsty And Miserable”, “Gimmie Gimmie Gimmie”, “Depression” e “Damaged II”. Questo quello che ha scritto qualche anno fa Steven Blush nel suo fondamentale libro “American Punk Hardcore”: “In ‘Damaged’, una massacrante miscela punk/metal secondo lo stile che adesso la fa da padrone, puoi sentire il futuro”.

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