Dopo aver dato l’impulso fondamentale per la nascita dell’heavy metal con i primi quattro album, i Black Sabbath scrivono quello che è il loro lavoro più ambizioso. “Sabbath Bloody Sabbath” è ancora un concentrato di riff chitarristici dalla consistenza del granito, di cadenze asfissianti della sezione ritmica e di vocals allucinate. Però le strutture delle canzoni si fanno più complesse e ricercate, come testimoniano la title – track, maestosa cavalcata elettrica spezzata da continue incursioni melodiche, e soprattutto “A National Acrobat”, dai tempi compositi e caratterizzata da una coda strumentale intricatissima rispetto ai loro standard passati. Viene inoltre dato risalto a timbri inconsueti, come quello del clavicembalo suonato da Tony Iommy nel dolcissimo strumentale “Fluff”, e soprattutto quelli di tastiere e sintetizzatori, suonati persino da Rick Wakeman, superospite proveniente dagli Yes, nel rock & roll barocco di “Sabra Cadabra”. Non è un caso la presenza di un musicista di quello stampo: infatti, questo può esser considerato l’album ‘progressive’ del quartetto di Birmingham, che nella straniante “Who Are You” si cimenta apertamente con l’elettronica e in “”Killing Yourself To Live” e “Spiral Architect” dimostra a tutti che si possono comporre brani cangianti e ricchi di colpi di scena anche suonando pesantissimo. Nonostante nella band facciano capolino le prime tensioni e la droga scorra ormai a fiumi, i Black Sabbath sono ancora baciati da una creatività scatenata, che fa di “Sabbath Bloody Sabbath” un capolavoro.
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