Il 1994 è l’anno dell’esplosione a livello mondiale del britpop, circostanza che porta finalmente i Blur a riscuotere il meritato successo. Inutile girarci troppo intorno: Damon Albarn e soci, nonostante gli esordi vicini al madchester sound (loro sono di Londra però), sono stati i musicisti che più si son spesi per l’affermazione del nuovo pop britannico dei Nineties, anche se gli Oasis li hanno subito spodestati in popolarità. “Parklife“, terzo lavoro sulla lunga distanza, contiene già tutti gli elementi di questo stile: canzoni lineari e dirette dotate di enormi ganci melodici, un pop/rock basilare (con alcune raffinatezze, in realtà) che recupera senza patemi d’animo gli ultimi trent’anni di musica britannica, soffermandosi soprattutto sui Sessanta; Beatles quindi, ma nel caso dei Blur l’interesse si sposta chiaramente verso il sound dei Kinks, tanto che la title – track potrebbe essere un apocrifo di Ray Davies. C’è poi “Girls & Boys”, storico singolo che aggiorna la fusione di ritmi dance e chitarre rock della Manchester di pochi anni prima nell’ottica della nuova semplicità britpop, portando l’intero disco a vendite altissime. Piaccia o non piaccia, “Parklife” è uno degli album più rappresentativi della decade in cui è uscito.
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