Bob Dylan – Blood On The Tracks/The Basement Tapes

Il 1975 è un anno fondamentale per Bob Dylan, che dopo un lustro di inequivocabile appannamento compositivo risorge dalle proprie ceneri con “Blood On The Tracks“, album che giustamente viene accostato ai suoi capolavori degli anni Sessanta. Le sessioni di registrazione sono parecchio travagliate, tanto che Dylan deciderà di registrare da capo alcuni pezzi all’ultimo minuto, ma il risultato artistico è di grandissimo valore: folk rock spartano che sottolinea testi in cui il musicista dipinge faticosi quadri di vita quotidiana, vergati pochi anni prima del divorzio con Sara, sua prima moglie. In seguito, il musicista negherà l’ispirazione autobiografica di “Blood On The Tracks”, ma suo figlio Jakob Dylan sosterrà invece che “le canzoni erano basate sui dialoghi dei miei genitori”. Poco importa chi abbia ragione, se il risultato sono composizioni immortali come “Tangled Up In Blue”, “Simple Twist Of Fate”, “Idiot Wind” (in cui l’organo Hammond ulula all’impazzata) o il blues da manuale di “Meet Me In The Morning” o ancora la scheletrica ballad acustica “Shelter From The Storm”, tutte canzoni in cui Bob torna a farci assaporare il “selvaggio suono al mercurio” che contraddistinse la pietra miliare “Blonde On Blonde” (1966). Oltre al nuovo long playing, nello stesso anno vengono finalmente pubblicate in un doppio vinile ufficiale alcune delle vecchie registrazioni effettuate da Dylan con la Band nel 1967 a Woodstock, fino ad allora circolate solo sotto forma di svariati bootleg, il più famoso dei quali intitolato “Great White Wonder” e pubblicato nel 1969. “The Basement Tapes” è uno straordinario documento sonoro, che mette in fila country, rock, blues e folk in un sol colpo, e che sarà preso a modello per molte future opere di ‘americana’. Fra le 24 canzoni incluse, spicca la conclusiva “This Wheel’s On Fire”, reminiscenza dell’incidente motociclistico occorso al cantante nel 1966, evento che fece da preludio ai “nastri del seminterrato”.

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