Bob Dylan – Time Out Of Mind

A parte un paio di raccolte di cover di traditional della folk music, nel corso dell’ultima decade del Millennio Dylan pubblica solamente due album d’inediti. Il primo, “Under The Red Sky” (1990), è piuttosto modesto; il secondo però è un capolavoro sotto ogni punto di vista, tanto più esaltante se si pensa che l’autore ha ormai 56 anni e nonostante i 72 minuti di durata la noia non bussa mai alla porta. “Time Out Of Mind” è talmente Dylan-iano che si correrebbe il rischio di considerarlo auto parodia, non fosse per la qualità più che eccelsa degli 11 brani che lo vanno a comporre. C’è dentro tutto il mondo del menestrello di Duluth in questi solchi: rock, blues, country e folk hanno lo stesso diritto di cittadinanza, così come a testi amaramente intimisti si affiancano altri che recuperano la visionarietà dei grandi classici degli anni Sessanta. “Love Sick”, la sottovalutata “Dirty Road Blues”, “Cold Irons Bound” e i 16 minuti della conclusiva “Highlands” – non può non richiamare alla memoria la “Sad Eyed Lady Of The Lowlands” che chiude “Blonde On Blonde” – sono solo alcuni degli highlights di un disco praticamente perfetto.

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