Con Brian Eno insostituibile complice, David Bryne e i suoi Talking Heads avevano già prodotto quell’oggetto piovuto da un futuro (passato alternativo di un universo parallelo?) imprecisato rispondente al nome di “Remain In Light”. Trascorso un anno appena, i due pubblicano un capolavoro che sposta l’asse del primitivismo futurista ancora più in là. In “My Life In The Bush Of Ghosts” voci trovate in ogni angolo del mondo – dal muezzin algerino al telepredicatore protestante statunitense, dalla cantante libanese al’imprecisato ospite radiofonico – vengono cucite assieme agli strumenti suonati in studio dal duo e dai loro sodali, manipolo in cui spicca la presenza di Bill Laswell. Se bizzarra è l’operazione, bizzarra è anche la scelta timbrica: compaiono una pletora di strumenti etnici e persino ‘oggetti trovati’ utilizzati per produrre suono. Stupefacente, però, la riuscita finale; se un certo sentore di ‘esperimento da laboratorio’ aleggia su tutti gli undici episodi, la preveggenza nell’intuire la musica globale prossima futura, gli sviluppi dell’hip hop e persino l’abilità nel connettere avanguardia colta e musica popolare è strabiliante. Verrà stroncato con insulti sulle pagine di Frigidaire, rarissimo caso in cui la fanzine dimostrerà di aver sbagliato bersaglio.
Categorie
- Anniversari (74)
- Classifiche (61)
- Migliori Album (2.316)
- Storia della Musica (60)
- Underrated (11)