C’è chi dice che salvò il rock. Difficile essere d’accordo con quest’affermazione; il rock non ha bisogno di essere salvato da nessuno né, tanto meno, nutriva tale necessità negli anni Settanta (Led Zeppelin anyone?). Semmai Bruce Springsteen ha rappresentato, rappresenta e rappresenterà quello che il rock dovrebbe essere e che, troppo spesso, non è. Coinvolgimento totale sul palco con i fan, capacità di narrare con forza e inesausto coraggio la vita in tutte le sue sfumature nelle canzoni incise su disco; in questo senso The Boss non è solo un prodotto americano (di questo parleremo più avanti), bensì universale. Come altri grandissimi, però, Springsteen deve aspettare un po’ prima di agguantare il successo di massa. Questi due primi album, usciti a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, ottengono discrete vendite ma comunque al di sotto delle aspettative. Nonostante siano già presenti pagine interessantissime, anche se l’imprinting Dylaniano è ancora chiaramente percepibile. Poco male: tempo un paio d’anni e Bruce comporrà un capolavoro, il primo di una lunga serie.
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