Nel 1984, con il debutto “Nature Unveiled”, David Tibet destabilizzava la musica con una terrificante mistura di folk e industrial, corredata da testi che parevano stilettate verso il Cristianesimo ridotto a religione/i organizzata/e. “Black Ships Ate The Sky” ce lo ripresenta al termine di una parabola che ne svela l’essenza mistica e spirituale. Il sound ha mantenuto alcune delle caratteristiche corrosive degli esordi, ma sempre più ha trovato spazio l’estasi del puro neofolk. “Idumæa”, inno Metodista (!) del Settecento, viene qui riproposto in ben otto versioni differenti, ognuna delle quali vanta un featuring diverso alla voce (fra gli interpreti si segnalano Marc Almond, Bonnie “Prince” Billy e lo stesso Tibet): è il perno su cui gira l’intero disco, e fornisce una visione quintessenziale della sensibilità del leader dei Current 93, ora (quasi) pacificato, ma ancor più visionario rispetto agli anni Ottanta. Vera musica ‘alternativa’.
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