Con “The Underground Resistance” i Darkthrone concludono il percorso intrapreso a partire da “The Cult Is Alive” (2006). Ormai non si parla più di black & roll o blackened heavy metal come per emissioni quali “F.O.A.D.” (2007) o “Circle The Wagons” (2010). Perché di black propriamente detto – quello che proprio i Darkthrone contribuirono a creare più di chiunque altro – non ce n’è più. I 41 minuti dell’LP sono totalmente imbevuti di vecchio thrash e speed, con puntate verso il doom e una sorta di rilettura meravigliosamente cafona di tutto ciò che negli Eighties era considerato metal estremo. E che oggi suona come puro heavy metal. “Dead Early” e “Lesser Men” sono concentrati di momenti alla Celtic Frost ibridati con qualche misconosciuto e furioso gruppo U.S. power; “The Ones You Left Behind” è una miscela di riff alla Agent Steel e break NWOBHM, mentre il cantato epico/nasale di Fenriz richiama quello dei Manilla Road; “Come Warfare, The Entire Doom” possiede un intro alla Candlemass prima di velocizzarsi e incattivirsi; i capolavori sono però “Valkyrie”, folle incrocio fra i Bathory di “Hammerheart” e le cavalcate di power europeo degli Helloween, su cui Fenriz eleva il suo canto più pulito ed evocativo possibile, e soprattutto gli oltre 13 minuti di “Leave No Cross Unturned”, esaltante coacervo di accelerazioni thrash/speed e lugubri rallentamenti che riprendono in chiave ancor più primitiva quelli di “In The Shadow Of The Horns”, testimoniando la fortissima personalità della band, in grado di suonare originale nel mezzo di mille imitazioni. Lasciatevi obnubilare da questa fenomenale collezione di fetidi riff pescati da qualche parte fra l’84 e l’86.
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