David Bowie – The Next Day

Fra le più belle sorprese del 2013 c’è il ritorno al disco del Duca Bianco (di sortite live per ora non se ne parla…). Un album, “The Next Day“, uscito senza preavviso, quasi fosse un’idea estemporanea, mentre poi s’è scoperto che ci lavorava da due anni in gran segreto, con elementi come Earl Slick, Tony Levin e Sterling Campbell. Un’opera che sembrerebbe persino una presa in giro, a partire dalla copertina passando per la dolente ballad del singolo “Where Are We Now?”, che c’entra ben poco con il resto delle tracce; insomma, una trollata, per usare un linguaggio “giovane”. E però si tratta di trolling d’alto livello. Perché stiamo parlando di un LP solido, quadrato ma al contempo ricco di sonorità diverse, con le gambe belle piantante nel rock più che nel pop. La secca ed incalzante opener, e le sue chitarrine graffianti, sembrano uscire da “Scary Monsters” (1980); così anche la ben più cupa “Love Is Lost”, col suo evocativo organo in primo piano e il suono del tom tutto storto. La notturna “Dirty Boys” sembra da cabaret, vaudeville, si snoda come un serpente, ricordando l’amico Iggy Pop in esperimenti come “Preliminaries”. Ci sono ovviamente episodi più vicini al pop dell’ultimo Bowie, come il secondo singolo “The Stars Are Out Tonight” e la brit “Valentine’s Day”: rispetto ai pezzi periodo Duemila danno molta più soddisfazione alle orecchie grazie alla ricchezza dei suoni orchestrati da Tony Visconti (il suo ritorno è un’altra mossa vincente). Suoni sempre pronti a richiamare, con un riff o con un effetto sulla voce, gli episodi storici della carriera di Bowie. Non mancano richiami al periodo più folle e sperimentale degli anni Novanta, come la tirata “If You Can See Me”, e accenni al suo miglior arena rock degli anni Ottanta con “(You Will) Set The World On Fire”. In sintesi: “The Next Day” è un disco rock intelligente, ricco di spunti e suoni, costruito coi mattoni di una carriera stellare.

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