“American Utopia”, più che un album, è un vero e proprio evento (oltre ad essere l’unico lavoro di Byrne a essere entrato a oggi nella Top Ten della Billboard 200). Infatti rappresenta il primo disco solista per David Byrne in circa quattordici anni, un’eternità di tempo, in cui l’artista, tra collaborazioni e progetti, non è stato di certo con le mani in mano. Inutile dire che quando si parla dell’ex Talking Heads, l’arte, l’eleganza e la raffinatezza siano di casa. Ma nonostante “American Utopia” non sia di certo un lavoro per tutti, al di là del concept tagliente incentrato sulla situazione statunitense, possiede al suo interno la chiave per l’accessibilità. La raffinatezza pop non è tutto, ma trova la sua espressione massima in aperture melodiche e in un sarcasmo magari non facile da cogliere con un ascolto distratto, ma su cui vale la pena soffermarsi. Se mai David Byrne avesse avuto bisogno di conferme, “American Utopia” è lì a dimostrarci la grandezza di un genio senza tempo.
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