Se da un lato è possibile considerare “Piece Of Time” (1989) degli Atheist come il primo lavoro capace di coniugare death metal, elementi progressive e inserti sperimentali al limite di fusion e jazz, è sicuramente con “Human” dei Death che la scena estrema si accorge che qualcosa stava muovendosi nel marcissimo sottogenere dell’heavy. Le strutture si fanno maggiormente intricate, i cambi di tempo non si contano più, le tematiche trattate diventano ricercate e introspettive rispetto alla violenza e al macabro di qualche anno prima. “Lack Of Comprehension” è essenziale per capire ciò di cui si sta parlando, “Cosmic Sea” è invece assolutamente straniante a un primo ascolto, mentre “See Through Dreams” è una mattonata in faccia impressionante, con la partitura su cui si snoda che sembra essere stata eretta da ingegneri del suono coltissimi. La band di Schuldiner, qui nell’incarnazione più tecnica di sempre con Paul Masvidal alla chitarra, Steve DiGiorgio al basso e Sean Reinert alla batteria, propone un disco praticamente perfetto, vario, ricco di sfumature, esaltante e mai scontato. Un’evoluzione fondamentale sia per i Death, sia per un genere intero.
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