Il 1972 consacra i Deep Purple fra i più grandi gruppi rock della storia. Nel giro di 12 mesi la band britannica mette infatti a segno due colpi da K.O. A marzo esce “Machine Head“, studio album che rappresenta la perfetta sintesi fra l’irruenza di “In Rock” (1970) e le tentazioni progressive di “Fireball” (1971); contiene alcuni fra i brani più celebri del complesso, come “Highway Star“, “Space Truckin’” e “Smoke On The Water“, il cui famigerato riff è forse il più famoso di sempre in ambito hard rock. La produzione è perfetta, Gillan è al massimo delle sue possibilità vocali e i duelli fra la chitarra di Blackmore e l’organo di Lord hanno raggiunto lo zenit della spettacolarità (cfr. “Lazy”). Infine, a dicembre esce il doppio “Made In Japan“, registrato nell’agosto dello stesso anno in terra nipponica e considerato giustamente uno dei più grandi live di sempre. Solo sette brani allungati secondo necessità (i neppure 5 minuti di “Space Truckin'” della versione in studio vengono portati a 20), e interpretati da un quintetto oltre lo stato di grazia. Nessuna sovraincisione né trucchetti assortiti, solo un’ottima produzione al servizio di una foga esecutiva e di una tecnica strumentale che, ancora oggi, trova pochi paragoni. Leggenda.
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