Scrivendo sotto l’influsso del grandissimo successo dei Blink 182, nel 2001 Steven Blush asseriva nel libro “American Punk Hardcore” che “le sdolcinate canzoni d’amore camuffate sotto forma di esplosioni HC” contenute in “Milo Goes To College” sono diventate “la formula più scimmiottata del rock”. Definizione forse un po’ troppo sintetica e dimentica della frustrazione con cui i giovanissimi Descendents imbottivano brani come “Myage”, “I’m Not A Loser”, “Parents”, “Suburban Home” e “Marriage”, ma sostanzialmente esatta. In appena 15 canzoni per poco più di 23 minuti di durata, il quartetto di Los Angeles cambierà radicalmente le regole del gioco. Anche se ci vorrà quasi un decennio perché la loro lezione venisse ripresa da miriadi di band di hardcore melodico, nomi come NOFX, Offspring, Green Day e, ovviamente, Blink 182 devono tantissimo a loro. La copertina mostra una caricatura di Milo Aukerman, cantante del gruppo, che ai tempi doveva appunto andare al college (si laureerà in biochimica).
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