Eterei, a tratti mistici, non troviamo altre parole per definire i Dredg. Ogni disco è un nuovo viaggio, un nuovo punto di vista per osservare l’assoluto. Un misto di tecnica, ispirazione, capacità compositive e tanto, tantissimo talento sta alla base della loro musica, per un sound unico che a brevi tratti è memore della lezione dei Radiohead, degli Earthone9, dei Tool, degli Smiths, degli U2. Progressive/art rock per il Terzo Millennio, se ci tenete a incasellarli in un genere. “Catch Without Arms” è il terzo disco del gruppo americano: forse è privo di quel tocco un po’ folle, sognante e quasi psichedelico del precedente “El Cielo” (2002). Tuttavia è più luminoso, concreto e delicato. In una parola: più ‘pop’. Anche se, forse, il termine giusto per descrivere la proposta dei Dredg è ‘poesia’, e in questo senso “Catch Without Arms” è l’episodio più poetico nella carriera della band.
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