Secondo il giornalista Bob Blumenthal, Duke Ellington è stato il più grande compositore del Novecento. Forse Arnold Schoenberg e Igor Stravinsky potrebbero aver qualcosa da ridire su quest’affermazione; tuttavia proprio quest’ultimo fu un grande ammiratore di Ellington, lodando soprattutto le sue “magnifiche sinfonie jazz“. L’arte e l’influenza di Edward Kennedy Ellington sono talmente smisurate che è impossibile rinchiudere il pianista, compositore e bandleader di Washington nel solo ambito jazz, poiché la genialità dell’autore di “It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got That Swing)” e di mille altre celeberrime pagine della musica degli ultimi ottant’anni trascende i generi, abbracciando tanto la pop music più sofisticata quanto languori classici (le lunghe suite della maturità, ma anche pezzi più brevi come “Caravan” sottendono una sorta di impressionismo sinfonico/jazzistico). Per avere un’idea ancor più precisa della grandezza di questo gigante è utile elencare alcuni musicisti con i quali suonò nel corso della sua vita: Louis Armstrong, John Coltrane, Count Basie, Coleman Hawkins e la lista potrebbe continuare. Pure la sua big band si ammantò sempre di talenti al di fuori del comune: uno su tutti, Billy Strayhorn, autore di “Take the ‘A’ Train”, divenuta la sigla della Ellington Orchestra e che, nel nostro caso, chiude una compilation alla quale mancano le composizioni di più ampio respiro, ma che è perfetta nel riunire motivi che hanno segnato la cultura americana e mondiale.
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