Con il suo secondo album, il napoletano Edoardo Bennato riesce a mettere già perfettamente a fuoco il proprio stile, fatto di un cantautorato dalle tinte rock che ha nell’ironia dei testi il suo punto di forza. “I buoni e i cattivi” è una sorta di concept – album sul manicheismo che, spesso, gli uomini adottano per semplificarsi la vita. Senza che questa netta distinzione fra “bontà” e “cattiveria” abbia reali corrispondenze nella società (cfr. proprio “Arrivano i buoni”). Il sarcasmo più corrosivo Bennato lo esprime in “Uno buono”, canzone ‘dedicata’ all’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Leone. Nel disco, Edoardo si occupa della voce, oltre a suonare chitarra, armonica, kazoo e persino il tamburello; fra i musicisti che l’accompagnano spicca la presenza di Tony Esposito alle percussioni. Un modo nuovo d’intendere il cantautorato, una boccata d’aria fresca in un ambiente che iniziava a minacciare derive autoreferenziali.
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