Se non il capolavoro più grande, “La buona novella” rappresentò sicuramente l’avventura discografica più ardita per De André. All’epoca (quasi) nessuno la capì: non la Chiesa, perché trattare in quel mondo i Vangeli apocrifi non era proprio il caso; non gli studenti, perché parlare in quell’epoca della predicazione di Gesù non era proprio il caso; e neppure parte del suo pubblico, tanto che rispetto alle vendite colossali dei suoi primi tre LP “La buona novella” vendette meno, “solo” ottava in classifica alla fine del 1971. Eppure si tratta di uno dei capitoli fondamentali del cantautorato italiano, forse anche mondiale. Questo ‘concept’, scritto dal Faber con l’indispensabile collaborazione di Roberto Dané e l’accompagnamento musicale de I Quelli (in futuro noti come Premiata Forneria Marconi), svela molto del pensiero e della personalità del musico genovese, e nella conclusione, per rubare un’espressione a Vasco Pratolini, sembra davvero trascinare l’Uomo “nell’Eterno più alto”.
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