Le radici della band di Los Angeles affondano nel death metal e nel grindcore, come testimonia il demo album “Concrete”, registrato nel 1991 e ripubblicato nel 2002. Con questo debutto ufficiale, però, i Fear Factory dimostrano la loro volontà di superare gli assunti di base per protendersi verso qualcosa che nel 1992 suonava decisamente alieno: il rifferama extreme metal e le esplosioni in blast beat vengono filtrati attraverso l’utilizzo di synth e campionamenti vari, il contrasto fra growl e voce de-umanizzata marchia quasi tutti i pezzi, le linee di basso si fanno cariche di groove, la rabbia esplode tramite il connubio fra sound analogico e digitale. “Soul Of A New Machine” è l’epifania di Dino Cazares, Burton C. Bell e Raymond Herrera; in 17 brani vengono compresse pulsioni omicide e aneliti di redenzione, disgusto per il mondo reale e ribellione verso di esso: sentimenti espressi per mezzo di testi crudi e diretti, decisamente meno astratti se paragonati a quelli di molte band industrial dalle quali la Fabbrica della Paura ha attinto a piene mani per conformare il suo stile. Il botto a livello commerciale avverrà solo con il successore “Demanufacture”, eppure questo cd si rivelerà pietra d’angolo per molto metal degli anni Novanta: “Martyr” è il primo classico della band, mentre nella ritmica di “Scapegoat” e nell’intro di “Suffer Age” – per il resto un pezzo grind – sono contenute anticipazioni dei Korn e del nu metal in generale. Non solo industrial metal, quindi.
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