Il battito cardiaco che apre “Hands” è altamente simbolico dell’intera pasta sonora di “Rounds“, terzo album di Four Tet, alias di Kieran Hebden, musicista inglese di origini indiane e sudafricane. Perché è proprio dall’incontro tra il caldo frusciare dell’elettronica analogica basata su sample folk e le più algide stanze mentali del sound sintetico che l’opera prende vita. Uno scambio proficuo, questo, fra i pochi in grado di fornire nuove prospettive alla musica del 21esimo secolo, altrimenti ancorata a recuperi più o meno felici del passato. Nel complesso “Rounds” è un colossale caleidoscopio sonico che, tramite una raffinata tecnica di cut-up, assembla ritmi, melodie e armonie fra le più disparate possibili. C’è il drum & bass, il glitch, fantasmi ambient alla Aphex Twin che s’insinuano fra le pieghe di scampanellii e sospensioni che potrebbero persino appartenere al post rock (“My Angel Rocks Back And Forth”). Per la sua natura ibrida e il suo far collidere gli ultimi ritrovati tecnologici con archetipi di forma – canzone rurale la musica di Four Tet viene chiamata, fra i tanti modi, folktronica. A prescindere dall’incasellamento stilistico, queste 10 tracce contengono l’elettronica più visionaria degli anni Zero.
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