Il titolo del disco indica l’indirizzo dell’abitazione bolognese di Guccini. Una presentazione che vuole essere un omaggio alla sua città d’adozione, all’antifascista a cui è dedicata la via e un’anteprima ai temi autobiografici che occupano parte dell’album; oltre alla title – track, in cui il Nostro ironizza su se stesso, fanno parte di questo milieu anche “Canzone quasi d’amore”, riflessione sul ‘mestiere’ di cantautore, e “Canzone di notte n. 2”, in cui, partendo da spunti di vita vissuta in prima persona, Francesco imbastisce un’invettiva contro il potere. Sono queste le due anime che informano “Via Paolo Fabbri 43“; da un lato la riflessione personale, dall’altro la protesta collettiva, che non disdegna neppure di prendersela con il movimento cantautorale italiano, come accade in “L’avvelenata”, contraddistinta da un linguaggio al vetriolo e fra i brani più celebri dell’artista, nota anche per la polemica con il critico musicale Riccardo Bertoncelli (per la cronaca, in seguito i due diventeranno amici). Da citare anche “Piccola storia ignobile”, prima canzone italiana ad affrontare di petto il tema dell’aborto. Gli arrangiamenti si son fatti più curati, merito di una backing band che annovera, fra gli altri, musicisti del calibro di Ares Tavolazzi, Vince Tempera ed Ellade Bandini, e il canto di Guccini ha raggiunto l’asprezza giusta. Si tratta, probabilmente, del punto più alto raggiunto dal cantastorie di Pavana, quello in cui è possibile ritrovare gran parte del suo universo. È anche il primo, grande successo di classifica per Francesco: a fine anno “Via Paolo Fabbri 43” sarà il sesto album più venduto in Italia.
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