Nel corso di quasi tutta la metà degli anni Settanta Battiato fu impegnato in una musica altamente elitaria, vicinissima all’avanguardia colta dei tempi, tanto che la title – track dell’album “L’Egitto prima delle sabbie” (1978), composizione di minimalismo estremo per solo pianoforte, arriverà a vincere il premio Stockhausen. Poi, improvvisamente, la svolta: “L’era del cinghiale bianco” è il primo disco pop dell’artista siciliano, che realizza un ellepì di canzoni in cui un sottile gusto per arrangiamenti classici -fondamentale la collaborazione di Giusto Pio a questi – va a braccetto con la voglia di rendere la propria musica più comprensibile al grande pubblico. Quel che è sicuro è che la leggera italiana non aveva mai avuto il sound di brani come “Magic shop”, “Strade dell’est”, “Il re del mondo” o la title – track stessa. Il successo di vendite è ancora di là da venire, tuttavia Battiato, in una commistione di rock, pop, citazioni colte (“Luna Indiana”), movimenti mediorientali e pungente ironia dei testi, delinea già lo stile che lo renderà famoso.
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