Nel corso degli anni Ottanta Frank Zappa ha proseguito a produrre materiale in preda a forte bulimia compositiva, spaziando dal classico coacervo rock/jazz/progressive/pop/comedy etc. etc. etc. di opere come “You Are What You Is” (1981) e “Them Or Us” (1984) a rigorose partiture di classica contemporanea eseguite addirittura dalla London Symphony Orchestra e da Pierre Boulez (direttore e compositore fra i più celebri e importanti del secondo dopoguerra). Il meglio lo dà però in “Jazz From Hell“, nel quale a parte un brano registrato dal vivo (“St. Etienne”, con Steve Vai alla chitarra) il Maestro esegue tutte le composizioni con il solo ausilio del Synclavier, fedele al suo motto d’allora: “I musicisti sbagliano, le macchine no“. Quel che ne esce è un’elettrizzante tour de force ritmico – timbrico – armonico in cui il jazz e la fusion vengono fatte deragliare in universi paralleli, e in questo il titolo è abbastanza sincero. Il lavoro vincerà anche un meritatissimo Grammy Award nel 1988 per la miglior performance di rock strumentale (in realtà di rock qua non ce n’è molto, ma tant’è…). “G-Spot Tornado“, brano che secondo l’autore nessun essere umano avrebbe potuto eseguire, sarà invece interpretato dall’Ensemble Modern in “The Yellow Shark” (1993), ultima pubblicazione uscita con Frank Zappa ancora in vita ed estrema e folgorante testimonianza della sua arte.
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