Nel corso degli anni Settanta, pur avendo ancora molto da dire, Frank Zappa ha in parte dilapidato il suo immenso talento a causa di un’enorme bulimia compositiva, che l’ha portato a sfornare dischi a raffica, non sempre del tutto a fuoco. Fra jazz rock, free jazz, improbabili swing per big band, fusion progressiva, muzak da colonna sonora per telefilm, hard rock, rock blues, pirotecnie chitarristiche, sprazzi di musica sinfonica e mini suite di classica contemporanea, più qualche reminiscenza del primo periodo freak, gli stili fagocitati dal Maestro sono aumentati a dismisura. Nel 1975 Zappa è infine arrivato a comporre brani indefinibili, che trattano il rock alla stregua della “musica colta” e viceversa. “One Size Fits All” è l’album più ispirato del periodo, potendo contare su pezzi come “Inca Road”, sorta di sinfonia per chitarra elettrica, tastiere, vari tipi di percussioni e voci assortite, “Can’t Afford No Shoes”, dal tranciante riff hard rock, e ancora “Po-Jama People”, “San Ber’dino” e “Andy”, tre divertentissime follie che mescolano una decina di generi diversi in una sorta di forma – canzone elastica. Quel che Frank non ha perso, e non perderà mai in tutta la vita, è la capacità di rendere esilarante una materia sonora che in mano altrui suonerebbe terribilmente accademica.
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