L’apogeo dei Grateful Dead e di tutto l’acid rock americano lo si ha nel 1969, con due opere di valore incommensurabile quali “Aoxomoxoa” e “Live/Dead“. Nella prima, realizzata in studio, il gruppo prende spunto dalle sperimentazioni del precedente “Anthem Of The Sun” rendendole meno dispersive e producendo almeno tre grandi classici del suono psichedelico: la stupenda ballad psicotropa “St. Stephen”, la favola freak “Mountains Of The Moon” e l’inquietante “What’s Become Of The Baby”. La seconda è fra quelle che hanno segnato in modo indelebile la storia della musica. Registrato nelle strade di San Francisco, il doppio vinile “Live/Dead” coglie i Nostri in quello che è il loro habitat naturale, il palco. Non a caso parliamo della più grande jam band di sempre. In queste quattro facciate l’improvvisazione di cui sono capaci i Grateful Dead raggiunge il culmine, ma è innegabile che il disco sia divenuto immortale soprattutto perché è presente una versione ineguagliabile di “Dark Star”, inno di tutti i ‘deadheads’, mostruosa suite cosmica che ad ogni concerto assumeva una configurazione diversa. Nella qui presente la chitarra di John Garcia è catturata in tutto il suo fulgore lisergico (veniva chiamato “Captain Trip” più che a ragione), un assolo di 23 minuti che raggiunge le regioni più impervie del cosmo in un delirio di bellezza extraterrestre, in cui fondamentale è anche l’apporto delle tastiere di Tom Constanten, allora il membro dei Dead più incline alla distorsione psichedelica. L’anno successivo quest’ultimo se ne andrà, e il complesso si volgerà al country e al folk, chiudendo di fatto un’era irripetibile. Ma raramente tanta magnificenza è stata catturata nei solchi di un vinile.
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