Fra i primi ad emergere dalla scena noise rock newyorkese, gli Helmet ne sono stati anche i protagonisti più ‘intellettuali’. Probabilmente per merito del leader Page Hamilton, cantante nevrotico ma soprattutto chitarrista dai trascorsi jazz e sperimentali, giunto persino a collaborare con Glenn Branca. Non per questo “Strap It On” è un disco quieto, anzi mena fendenti che è una bellezza. Efferata crasi di Big Black (la batteria secchissima di John Stainer) e Sonic Youth (gli assoli terribilmente rumorosi e metallici dello stesso Hamilton), la mezz’ora di durata dell’ellepì viene aperta dallo sferragliare ottenebrante di “Repetition” e conclusa dalla psicosi di riff fratturati, staffilate metallurgiche e urla di terrore di “Murder”; il resto non si discosta molto dai suoi estremi, procedendo ora lento ora più spedito in un marasma di dissonanze, cadenze d’acciaio e spasmi fulminanti. Gli Helmet attutiranno un po’ il furore nel successivo “Meantime” (1992), debutto major dall’ottimo successo, ma il pezzo più pregiato della loro collezione rimane “Strap It On”.
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