La proposta di questa misconosciuta band statunitense è certamente fra le più anticommerciali mai partorite da mente umana(?). Eppure altri gruppi hanno osato andar ben oltre l’easy listening ottenendo comunque uno status di culto e radunando, a volte, nutriti drappelli di fedelissimi. Al contrario, gli Human Eye se li son sempre filati in pochissimi. Un vero peccato. Perché con i loro primi due album Timmy “Vulgar” Lampinen e compagni hanno realizzato una delle più grandi follie psych – garage noise di tutta la storia del rock. In particolare, nei 43 minuti di “Fragments…” è condensato tutto il meglio del garage punk di ieri e di oggi: dai primigeni ruggiti dei Sonics si giunge alla mania distruttiva dei The Hunches, senza dimenticare lo spirito rock’n’roll degli Oblivians e le decostruzioni primitiviste dei Pussy Galore. Ma il quartetto può anche esser considerato fra i più validi eredi dei Chrome: le contrazioni e gli assolo raschiati della chitarra di Lampinen fanno accapponare la pelle, mentre l’ombra di Helios Creed continua a sbucare da dietro l’angolo. È proprio il modo di far collidere Stooges e scorie industriali a ricordare terribilmente il geniale duo di San Francisco. Pezzi come “Rare Little Creature” e “Dinosaur Bones” sono assemblati sovrapponendo gli assalti iconoclasti dell’Iguana all’elettronica primitiva e scheletrica dei Suicide. Recuperateli.
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