E’ l’album che permette agli In Flames di sbarcare anche negli Stati Uniti. Molto meno growl, scream enfatizzato, ritmiche cadenzate e un sound sempre più ribassato. Pezzi brevi, ritornelli sempre più puliti e orecchiabili (il manifesto di quanto esposto è “Cloud Connected”, ma è possibile constatare tutti questi elementi anche nella sparata “Trigger” o in “Drifter”, più classicamente ancorata al passato) e un’attenzione all’estetica che diventa sempre più determinante. I fans della prima ora storsero evidentemente il naso, ma l’impatto dei Nostri risentì positivamente di questo cambio di rotta, che denotò una creatività debordante e una voglia di sperimentare ammirevole. D’altra parte questo, oltre a essere un lavoro storicamente importante, rimane uno dei migliori ellepì del metallo europeo del nuovo Millennio. Da questo momento in poi, Friden e compagni diventeranno uno dei riferimenti più importanti dell’alternative metal mondiale, imponendosi a ogni latitudine anche grazie a concerti eccellenti pure da un punto di vista scenografico. Niente male, insomma, per una semi sconosciuta band svedese che insieme a Dark Tranquillity e At The Gates portò in Europa il verbo Swedish death metal (o death melodico se preferite) nel corso degli anni Novanta.
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