E’ nel terzo album che la band di Aaron Turner trova l’equilibrio perfetto tra aggressione e melodia, realizzando un caposaldo del cosiddetto post metal. E, andando ben oltre l’assunto Neurosis-iano delle primissime prove, riesce infine a creare un sound del tutto personale. “Panopticon” è segnato da un fluire inesausto di sludge chitarristico, interrotto solamente da incursioni in ambiti affini al post rock più raffinato e sognante. Quello che impressiona di più durante l’ascolto dell’album è la percezione di una raggiunta perfezione formale assoluta, priva di sbavature e di momenti sfocati: non per questo la musica perde la straordinaria capacità di ammaliare l’ascoltatore tramite le consuete progressioni strumentali che ambiscono all’ipnosi dello stesso, lasciandolo fluttuare in una sorta di limbo dove i concetti di spazio e di tempo vengono radicalmente modificati. Per giungere a questo risultato, gli Isis possono fare affidamento su di una produzione inattaccabile, cristallina e poderosa al tempo stesso, e soprattutto sul definitivo sviluppo di una vena genuinamente psichedelica e progressiva che in “Panopticon” raggiunge livelli altissimi.
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