Il disco che suggella la stagione più incendiaria del free jazz è anche uno degli ultimi per Coltrane, che morirà nel 1967 per un cancro al fegato. Si tratta, probabilmente, del suo estremo capolavoro. In “Ascension” Trane suona il sax tenore, circondandosi di un ensemble di 10 musicisti (due sax contralto, due altri tenore, due trombe, due contrabbassi, piano e batteria) nel quale spiccano Archie Shepp, Pharoah Sanders, Freddie Hubbard, Elvin Jones e McCoy Tyner. Il risultato della sessione è la suite di 40 minuti che dà il titolo all’album, in cui la musica, libera da gabbie armoniche, ritmiche e tonali è in grado di esprimersi in tutta la sua forza liberatoria e spirituale, quasi si trattasse di un tremendo urlo di ribellione e consapevolezza protratto all’infinito. Ci si alterna fra il ‘tutti’ e gli assoli dei vari componenti, in una sorta di ‘concerto grosso’ della musica afroamericana. Il risultato è uno dei dischi più pesanti di sempre, quasi inascoltabile per chi non è avvezzo a certe sonorità. Almeno ad un primo ascolto: dedicandoci un po’ più d’attenzione ognuno può scoprire la bellezza di queste note. E attenzione: la cellula melodica da cui parte l’improvvisazione successiva è un blues più antico del mondo stesso.
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