Arduo stabilire quale sia il miglior disco dei Labradford, se l’esordio “Prazision LP” (1993) oppure questa terza pubblicazione da studio. Alla fine si è scelto l’album omonimo per ragioni di significatività del sound: è infatti in queste 7 tracce che il duo composto da Mark Nelson (voce e chitarra) e Carter Brown (tastiere) svela tutte le sue carte. Con l’ingresso del bassista Robert Donne nel precedente “A Stable Reference” (1995) i Labradford sono ormai capaci di espandere il loro personalissimo impasto di ambient, industrial, space e krautrock verso nuove mete. Il risultato va oltre le aspettative. “Labradford” rivisita il post rock in modo del tutto personale; la ripetitività minimalista e i droni sussurrati della produzione precedente vengono insaporiti da una sorta di solennità neoromantica, affine per certi versi alla musica da film, che nella lievissima melodia di “Midrange” tocca il suo apice: il bisbiglio della voce, il basso circolare, il suono diafano del violino e la ieraticità dell’organo cosmico/liturgico mandano in collisione Tangerine Dream, Pink Floyd, Brian Eno e Slint con una naturalezza spiazzante.
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