Dopo aver trasformato il blues in hard rock con facilità apparentemente irrisoria e aver sostenuto tour massacranti, Page e Plant si rinchiudono per più di due mesi nell’ormai leggendario cottage Bron-Y-Aur, sperduto da qualche parte nel Galles, a comporre nuovo materiale. Quel che ne esce è stupefacente. “Led Zeppelin III“, intriso di folk acustico ispirato dalla musica celtica e dalla tradizione inglese, sulle prime potrebbe apparire uno sberleffo nei confronti dei fan, nonostante si apra con il quasi – metal di “Immigrant Song” (in cui si parla di sanguinari vichinghi con vent’anni d’anticipo) e nel primo lato dell’LP annoveri pure il pesante blues elettrico di “Since I’ve Been Loving You” e il riff ipnotico di “Celebration Day”, il cui stile verrà ripreso in molte canzoni future degli Zeppelin. È pero l’altra facciata, interamente acustica, che dimostra l’incredibile eclettismo della band, con il traditional “Gallows Pole” riletto con impressionante propulsione ritmica, la dolce ballad “Tangerine” a svelare il lato più romantico di Page, e la conclusiva “Hats Off To (Roy) Harper” a chiudere il cerchio con un blues – folk distorto e allucinogeno per sola voce e slide guitar. Per fortuna la maggior parte del pubblico capirà la grandezza assoluta dei Led Zeppelin e tributerà i giusti onori anche a questo preziosissimo capolavoro. Poi il gruppo cambierà di nuovo volto.
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