All’epoca non fu capito. In parte dal pubblico, che certo comprò l’LP perché era di Battisti, ma che alla fine del 1975 lo rese ‘solamente’ ottavo fra i dischi più venduti in Italia (gli album precedenti di Lucio finivano immancabilmente nei primi tre posti). Ma, soprattutto, non fu minimamente digerito dalla critica, che lo stroncò quasi all’unisono. Eppure oggi “Anima Latina”, pubblicato nel dicembre del 1974 e scaturito da un viaggio in America Latina compiuto dal musicista laziale, è considerato fra i momenti più significativi nella carriera del Nostro. E a ragione. Ridotti quasi all’aforisma i testi di Mogol, Battisti allarga a dismisura lo spazio dedicato agli strumenti, per poter così allestire una narrazione sonora che prende spunto dalla musica brasiliana e, in generale, sudamericana, fondendola poi con il progressive coevo (larghi i tratti lasciati alle tastiere), con ampi strati di fiati e percussioni e con le chitarre suonate in accordo con i ritmi latini e ‘mediterranei’. Il classico sviluppo concept dell’epoca prende forza e vigore da questa grande festa di timbri e ritmi, e nonostante manchi il singolo in grado di scalare le classifiche (ma non era nello spirito dell’operazione), “Anima latina” rimane una delle testimonianze più originali e creative nella storia della musica leggera italiana. Per quella volontà di ricercare l’”accordo perduto” fra cantautorato, prog rock e musica popolare che lo pervade dalla prima all’ultima nota.
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