“Come è profondo il mare” (1977) aveva già consacrato Dalla a livello artistico. Con quest’album omonimo il musicista bolognese raggiunge anche il successo di pubblico a livello assoluto, tanto che “Lucio Dalla” sarà il disco più venduto in Italia del 1979. Ma l’impresa eccezionale del cantautore è quella di aver ottenuto tale popolarità senza svendersi né mostrare cedimenti qualitativi. Questo LP contiene “L’anno che verrà” (“Caro amico ti scrivo…“), insieme a “Caruso” la canzone più popolare di Lucio, dalla musica trascinante e dal testo nient’affatto scontato o banale, anzi celante un profondo pessimismo di fondo che cozza contro il suo status nazionalpopolare. Ma sarebbe terribilmente sbagliato ridurre quest’opera a quell’unico brano; ci sono invece molte altre fra le pagine più belle mai scritte da Dalla, in cui la leggera italiana viene elevata a sublime forma d’arte grazie a una perfetta intesa strumentale fra pop e rock, con le chitarre elettriche, i sintetizzatori e i fiati in totale consonanza con il pianoforte e l’orchestra d’archi. Il crescendo ottenuto per accumulazione timbrica di “L’ultima luna” (dal testo meraviglioso) e quello guidato dalla voce in “Stella di mare” sono solo alcune delle trovate più geniali dell’autore, che con “Milano” firma la più bella canzone dedicata alla capitale meneghina da parte di un non milanese, mentre in “Anna e Marco” e “Notte” azzecca due dei suoi temi più lievi ed aerei. Un disco commovente.
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