Uno dei manifesti più efficaci del groove metal che i Pantera avevano contribuito a innalzare presso le grandi masse metallare negli anni novanta. “Burn My Eyes” dei Machine Head piacque molto anche a chi era drogato di thrash metal, gli Slayer portarono la band di Rob Flynn in tour con loro aiutandoli eccome a diffondere al propria musica ad ampie latitudini e a platee old school. A dirla tutta molti consideravano il gruppo una mera imitazione di Phil Anselmo e compagni, ignorando che il frontman dei MH avesse già fatto parte negli anni ottanta di due formazioni underground discretamente importanti come Forbidden e Vio-Lence. A onor del vero i Machine Head provarono ad accodarsi nei dischi successivi al carrozzone nu-metal, non riuscendo a imporsi come desiderato, dato che l’imprinting tradizionale della scena thrash ha da sempre contraddistinto il combo, non poi così abile a inventarsi sotto altre etichette. Al di fuori di sterili polemiche, pezzi come “Davidian”, “Old”, “Death Church” e “Block” sono grandi canzoni, che a distanza di vent’anni dalla pubblicazione mantengono intatto il proprio potenziale incendiario e irriverente.
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