O dell’abilità di reinventarsi totalmente. Diventata madre, Madonna abbandona le torbidissime atmosfere di “Erotica” (1992) e l’R&B sciapo di “Bedtime Stories” (1994) per puntare tutto sull’elettronica e su di un’immagine speculare alla sua precedente. Se un tempo tensioni e inquietudini (non solo erotiche) scavavano nella psiche e nelle carni della popstar, ora un “raggio di luce” inonda di pace l’ideale e nuovo Ashram che la cantante si è costruita attorno a sé. La mossa vincente è la sostituzione di un’iconografia trasgressiva con un’altra più rilassata e luminosa, ma non per questo bacchettona o ipocritamente moralista. E la musica segue di conseguenza: “Frozen” e la title – track sono i singoli da combattimento estratti da “Ray Of Light”, perfetti esempi di riattualizzazione del vecchio pop/dance alla luce delle nuove tendenze elettroniche dei Nineties. Importante in questo processo l’apporto del produttore William Orbit, musicista inglese già mago di ambient, downtempo e affini. Il successo è pieno: il disco vende quasi quanto gli ormai lontani lavori degli anni Ottanta, e oggi di “Ray Of Light” si contano 20 milioni di copie diffuse in tutto il mondo. Per Madonna è la consacrazione definitiva a icona della cultura pop degli ultimi decenni; d’ora in avanti non avrà più nulla da dimostrare a nessuno.
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