L’esordio “Stanze” (1993) aveva segnalato all’attenzione dell’intera scena alternativa italiana questa band fondata da studenti bolognesi fuorisede, soprattutto per la strana alchimia sonora della quale i Massimo Volume si facevano portatori: chitarre spesso graffianti e vicine al noise rock, a cui tuttavia non si offriva il contraltare di un canto. Perché Clementi sapeva suonare il basso ma non cantare, e allora preferiva declamare o semplicemente narrare i suoi testi. La formula rimane intatta anche in questo secondo capitolo, meno spiazzante e duro nei suoni, ma più curato negli arrangiamenti e dalle parole persino più incisive (cfr. “Il primo Dio”, “Il tempo scorre lungo i bordi” e “Fuoco fatuo”, che recupera le ispide distorsioni del primo lavoro) rispetto a quanto espresso in “Stanze”. In “Lungo i bordi“, poi, la declamazione di Emidio si sposa ancora meglio con la musica, spesso tendente a dilatazioni post rock. Un disco importante per un complesso importante, la cui influenza si farà sentire a un decennio di distanza: gli Offlaga Disco Pax, infatti, prenderanno spunto dal ‘parlato’ di Clementi per esprimere le loro visioni, peraltro dai contenuti del tutto diversi rispetto a quelle dei Massimo Volume.
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