Melvins – Houdini

Forse l’apice del Melvins – sound è da ricercarsi nei precedenti “Bullhead” (1991) e “Lysol” (1992), compendi abissali e mesmerici di hard settantiano andato a male, riffing Sabbath-iano affogato in putrido pantano e schegge devianti di hardcore – punk riciclato in noise rock d’accatto. Una melma sonica che sicuramente ispirò alcune trovate del grunge, tuttavia talmente di nicchia da lasciare basito il giovane d’oggi nel sapere che anche i Melvins, nei ‘dorati’ anni Novanta, trovarono un contratto major, tant’è vero che “Houdini” uscì per Atlantic. Merito dell’effetto Nirvana: Cobain, infatti, era un grosso estimatore di King Buzzo e compagni, tanto che buona parte delle tracce presenti in questo album è stata prodotta dal leader dei Nirvana in persona. Chiariamoci subito però; “Houdini” rimane un gran disco, perfetto nell’addomesticare gli estremismi “di gioventù” in una forma – canzone più potabile ma che non perde nulla in quanto a impatto e potenza: “Hooch” è sostenuta da una sezione ritmica irresistibile, “Lizzy” incrocia Led Zeppelin e Flipper, l’implacabile “Honey Bucket” è un ibrido fra metal, grunge e stoner, “Hag Me” e “Joan Of Arc” saldano il conto con le origini e le loro movenze in slow motion precipitano di nuovo l’ascoltatore in malsani gironi sludge, tipicamente Melvins-iani. C’è persino la cover pestona di “Going Blind” dei Kiss, da sempre idoli di Buzzo e Crover. Cosa volere di più?

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