Ministry – The Land Of Rape And Honey

Strana storia, quella dei Ministry di Al Jourgensen. La band esordisce nel 1983 con un brutto disco synth – pop che scimmiotta malamente i Depeche Mode, “With Symphaty“. Folgorato dai Front 242, il leader decide di cambiare approccio, dapprima con il mediano “Twitch” (1986), ancora informato quasi totalmente dall’EBM della formazione belga, infine esplodendo una terribile miscela di ritmi industriali e metal ferino nel qui presente “The Land Of Rape And Honey“. Più che un semplice disco si tratta di un’aggressione psicofisica continua, che in “Stigmata” mescola ronzii elettronici, beat techno e canto allucinato a chitarre rumorose e dissonanti, in “The Missing” e “Deity” pigia sull’acceleratore in una sorta di ibrido fra industrial, hardcore punk e thrash metal, mentre nel resto del lavoro riutilizza tutti questi elementi per ferire ancor di più le sinapsi dell’ascoltatore, rallentando l’andatura in mid tempo non meno micidiali, disturbati per giunta da campionamenti vocali che creano ancor più tensione. La prima pietra miliare dell’industrial metal: Nine Inch Nails prima e Marilyn Manson poi ringraziano e prendono appunti.

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