Mudhoney – Mudhoney

L’omonimo esordio dei Mudhoney sulla lunga distanza è come ci si aspetterebbe: chitarre selvagge e mercuriali, accelerazioni e rallentamenti da capogiro, produzione sporca e aria malsana, quest’ultima frutto anche di istinti blues martoriati dall’incedere garage punk del flusso sonoro. Sin dall’apripista “This Gift”, con hand clapping meravigliosamente Sixties, gli Stooges si rivelano nuovamente i numi tutelari di Mark Arm e ciurmaglia al seguito. I brani migliori sono però “Get Into Yours”, “Here Comes Sickness” (uno dei numeri più devastanti della band), “You Got It” (uscito anche come singolo e pure presente sulla ristampa di “Superfuzz…”), “Dead Love” (fuzz a catinelle) e “When Tomorrow Hits”, rilettura narcolettica e della chitarre acidissime di “I Wanna Be Your Dog” (degli Stooges, c’è bisogno di specificarlo?). C’è pure un’ottima cover dei Blue Cheer, la strumentale “Magnolia Caboose Babyfinger”, qui rinominata “Magnolia Caboose Babyshit”. Se a livello di vendite i Mudhoney sono stati un nome marginale del Seattle sound, dal punto di vista della qualità artistica hanno sempre avuto poco da invidiare a Nirvana, Soundgarden, Alice In Chains e Pearl Jam.

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