Nel corso dell’intera carriera i tedeschi Necrophagist hanno pubblicato appena due album. Ma che album! Il primo, “Onset Of Putrefaction” (1999), ridefinisce il concetto di brutal death metal tecnico, e ancora adesso rimane il più amato dalla frangia più estremista dei metallari. È però “Epitaph” il testamento ultimo della formazione. Difficile persino scriverne: in neppure 33 minuti la band sciorina un’abilità esecutiva da far invidia a molti act progressive, senza che questa vada a detrimento del feeling complessivo delle 8 tracce. Che paiono ideate da un mostro a due teste, l’una dotata della visionarietà di Atheist e Pestilence, l’altra della ferocia di Suffocation e Cannibal Corpse. In sintesi, un clamoroso gioiello di technical death metal che, anche quando cita celebri motivi di musica sinfonica (rigorosamente ridotti per chitarra, basso e batteria), lo fa con gusto impeccabile. “Stabwound” è il brano più diretto, “Only Ash Remains” il più intricato e funambolico, tutti gli altri rasentano comunque la perfezione. I temi splatter/gore e il growl bestiale ancorano “Epitaph” alle Malebolge dell’underground del metal estremo, le partiture strumentali si librano ben oltre le schiere dei Cherubini.
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