Neil Young – Psychedelic Pill

Era dai tempi di “Greendale” (2003) che Neil Young non realizzava un disco insieme ai Crazy Horse. Nel 2012 ne registra ben due: uno di cover di tradizionali della musica a Stelle e Strisce, “Americana“, e un altro di materiale originale, “Psychedelic Pill” appunto. Doppia in cd e tripla in vinile, l’ultima fatica del leggendario musicista canadese contiene 87 minuti di suoni stupefacenti, in grado di rivaleggiare con i grandi capolavori del passato e, persino, di aggiungere alcuni elementi ‘nuovi’ nello stile del quartetto. Sembra incredibile che le canzoni qui presenti siano state suonate da gente che va verso i settant’anni, tanto è il vigore e la pesantezza delle chitarre e delle basi ritmiche. Quello che certifica l’età di Young e compagni è il tono complessivo del lavoro, fortemente malinconico e retrospettivo, a far tutt’uno con testi che sono ruminazioni spesso amare di chi ha visto sorgere e poco dopo sprofondare i sogni della controcultura nordamericana degli anni Sessanta. In “Psychedelic Pill” c’è tutto; lo shuffle country/folk di “Born In Ontario”, la ballad in stile “Harvest” di “For The Love Of Man”, la sei corde imbizzarrita della lunga (16 minuti) “Walk Like A Giant” che richiama le soluzioni hard di “Ragged Glory”, le ampie campate di “Ramada Inn” (altri 16 minuti). I picchi sono però la breve title – track, la cui versione originale (a fine album è presente anche una take alternativa) mette tanto di quel delay sull’elettrica da garantire l’effetto acido di cui parla il titolo, e soprattutto il colosso “Driftin’ Back”, 27 minuti guidati dalla chitarra di Neil che è libera di tratteggiare una “Dark Star” per il Ventunesimo Secolo. La quale mantiene il carattere lisergico dell’originale dei Grateful Dead, ma che in quanto a pesantezza e umore afflitto delinea un quadro niente affatto “psicocosmico”, piuttosto un rimuginare sul passato dolente e tutto interiore. Non serve aggiungere altro, capolavoro assoluto.