Uno dei momenti essenziali per comprendere la poetica di Young, delineata in “Rust Never Sleeps” in modo mai così netto. Sette delle nove tracce presenti nel disco sono state registrate live, durante una fulminante tournée del canadese con i Crazy Horse; la particolarità dell’opera è però l’umore speculare e contrapposto delle due facciate del vinile, l’una interamente acustica e folk, l’altra imbevuta di elettricità e rock sino al midollo. Qui appaiono alcune delle canzoni più significative di Neil: l’estasi dolceamara di “Sail Away” e “Pocahontas” si contrappone alla potenza di “Sedan Delivery” e “Welfare Mothers”, numeri di hard rock roboante e spietato, così come l’essenza dell’unplugged “My My, Hey Hey (Out Of The Blue)” si rivela definitivamente solo attraverso la propria controparte amplificata “Hey Hey, My My (Into The Black)”, che chiude l’album drammatica e solenne. Più di dieci anni dopo, molte grunge band faranno tesoro della lezione di “Rust Never Sleeps”…
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